È stato pubblicato ieri (25 aprile 2024) il nuovo benchmark globale sul benessere degli animali d'allevamento (BBFAW), il report che di anno in anno classifica le aziende in base alle proprie politiche, pratiche e perfomance di benessere animale. Dopo una revisione completa dello strumento, la nuova versione di BBFAW alza l'asticella per le aziende monitorate.
Nell'ultimo report sono state analizzate 150 aziende globali provenienti dai settori della produzione, trasformazione, ristorazione e distribuzione, con un fatturato complessivo di oltre 4.900 miliardi di dollari, tra cui McDonalds, Tesco e Tyson Foods.
Dopo un periodo di adattamento, il report di BBFAW è stato rilanciato quest’anno con criteri di valutazione più rigorosi, che stabiliscono un nuovo punto di partenza per il miglioramento del benessere animale. In particolare, è stata posta una maggiore attenzione alla sezione relativa agli indicatori di performance, che consente di misurare l’effettivo impatto degli impegni delle aziende nelle proprie filiere e che ora rappresenta il 55% della ponderazione nel punteggio finale. Nella valutazione è stata inoltre introdotta una sezione relativa alla riduzione della dipendenza dagli alimenti di origine animale e alla diversificazione dell’offerta proteica.
Come prevedibile, le modifiche apportate alla metodologia hanno avuto un impatto sulle valutazioni, con la maggior parte delle aziende che sono scese di uno o più livelli nella classifica rispetto alle edizioni precedenti. Solo le inglesi Marks & Spencer, Premier Foods e Waitrose si sono posizionate nel secondo livello, mentre nessuna azienda ha raggiunto il primo livello della piramide.
Delle otto aziende italiane incluse nel report, Gruppo Barilla ha mantenuto il punteggio più alto, l'unica tra le aziende nazionali a essersi posizionata al quarto livello.
Progressi incoraggianti
Nonostante il nuovo quadro di valutazione, in questa edizione sono emersi alcuni risultati incoraggianti:
- Il 95% delle aziende riconosce oggi il benessere animale come tema strategico (rispetto all'89% del 2021, o al 79% della prima edizione, nel 2012)
- L'ambizione in tema di uova da allevamenti alternativi alle gabbie è generalmente elevata: il 73% delle 141 aziende che utilizzano uova nelle proprie filiere si è impegnato a produrre o usare solo uova da sistemi non in gabbia
- Il 25% delle aziende riconosce la necessità di ridurre la propria dipendenza dai prodotti di origine animale, 21 delle quali hanno pubblicato obiettivi di riduzione o di diversificazione proteica.
Resta ancora molto da fare
- Il ritmo d'implementazione risulta ancora lento: il 93% delle aziende analizzate ha ottenuto punteggi d'impatto bassi, il che significa che nonostante gli impegni di miglioramento, molte aziende non hanno ancora avviato iniziative per metterli in pratica.
- Allevamenti in gabbia: mentre un'alta percentuale di aziende si è impegnata a porre fine all'uso delle gabbie per le galline ovaiole, pochissime si stanno attivando a favore di conigli, scrofe, anatre o vitelli. Ad esempio, solo il 9% delle 137 aziende che acquistano o producono carne suina si è impegnato a porre fine all'uso di gabbie di gestazione e allattamento per le scrofe.
- Mutilazioni: la maggior parte delle aziende (il 52%) non ha preso impegni per l'eliminazione delle mutilazioni di routine, come il taglio della coda nei suini.
- Trasporto di animali vivi: solo il 27% delle aziende valutate riferisce che il trasporto di animali vivi è limitato a viaggi brevi (entro 4 ore per pollame e conigli e 8 ore per le altre specie).
Philib Lymbery, CEO globale di Compassion in World Farming, ha commentato: “Le cattive pratiche di allevamento hanno un costo elevato. Non solo nuocciono agli animali, ma aggravano la crisi climatica, causano deforestazione, perdita di biodiversità e – con il massiccio uso di antibiotici – rappresentano una minaccia reale per la salute umana. L’analisi di benchmark sugli standard di benessere animale gioca un ruolo fondamentale nel promuovere standard più elevati fra le principali aziende alimentari al mondo, mostrando i benefici di questo approccio e fornendo un criterio essenziale per informare le scelte degli investitori.”