Pubblicato 13/12/2019
Anche grazie alle crescenti richieste da parte dei consumatori di informazioni chiare e trasparenti sui prodotti di origine animale acquistati, nell'ultimo periodo si sono moltiplicate sul mercato svariate etichette, molte delle quali fanno riferimento in modi diversi a claim legati al benessere animale.
Tuttavia, se non accompagnata da ulteriori indicazioni specifiche, la dicitura ‘benessere animale’ non fornisce da sola nessuna informazione sul metodo di allevamento, che rappresenta l’elemento più importante per identificare il reale potenziale di benessere in cui è stato allevato un animale. A oggi, infatti, diciture che fanno riferimento al benessere animale in allevamento possono essere riportate anche su prodotti provenienti da sistemi intensivi, dove gli animali possono essere confinati in gabbia o non avere possibilità di esprimere i propri comportamenti naturali.
La proposta di certificazione volontaria nazionale
Lo scorso 21 ottobre i Ministri delle Politiche Agricole e della Salute hanno presentato un progetto di certificazione del benessere animale che non solo continua a non fornire nessuna informazione sulla modalità di allevamento, ma che pare anche prevedere standard molto bassi, spesso al limite del rispetto della normativa o di poco superiori. Nel caso del suino, ad esempio, lo schema di certificazione proposto riguarderebbe solo la fase di ingrasso e non comprenderebbe la riproduzione né l’accrescimento: la certificazione ‘benessere animale’ sarebbe quindi attribuita a prodotti suinicoli provenienti da scrofe allevate in gabbia, una pratica che riguarda la maggior parte degli allevamenti italiani e che è incompatibile con la libertà di movimento elencata dal FAWC nella definizione di benessere animale.
Nessuna distinzione per le realtà virtuose
Etichettature di questo tipo non solo negano ai consumatori la possibilità di fare acquisti consapevoli, ma rappresentano anche un danno per quelle realtà che negli anni hanno investito su sistemi con standard migliori di benessere animale e che con sistemi a un unico livello non hanno la possibilità di distinguersi sul mercato. Inoltre, un sistema di etichettatura che pone sullo stesso livello allevamenti al limite della normativa e allevamenti maggiormente rispettosi scoraggia gli investimenti verso standard migliori di benessere animale, ponendosi in netta contrapposizione con quanto richiesto dai consumatori e dal mercato.
Il caso dell’etichetta “benessere animale in allevamento” del CreNBA
Un’etichetta impiegata nelle filiere di bovini (da carne e da latte) è già molto diffusa oggi nei supermercati e riporta la dicitura “benessere animale in allevamento”. Si tratta di un’etichetta che fa riferimento a un protocollo realizzato dal CreNBA (Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale), utile a fare una fotografia dei sistemi di allevamento e a identificare le aree di miglioramento, ma non a definire la potenzialità di benessere di un certo sistema. Il protocollo, infatti, può essere applicato sia alle vacche allevate alla posta che a quelle a stabulazione libera, ma l’etichetta che appare sui prodotti recita indistintamente “benessere animale in allevamento” anche per gli animali che non hanno libertà di movimento.
Il primo sistema di etichettatura di benessere animale in Francia
Un sistema di etichettatura che permetta ai produttori di differenziarsi a seconda della potenzialità di benessere degli allevamenti e ai consumatori di comprendere realmente le condizioni di vita degli animali, mettendoli così in condizione di fare scelte di acquisto che premino le realtà virtuose, deve necessariamente includere le informazioni relative al metodo di allevamento.
In Europa, alcune realtà dell’industria alimentare si sono già attivate per l’introduzione di sistemi di etichettatura chiari e trasparenti che permettano di distinguere i diversi metodi di allevamento. Ad esempio, Casino, azienda leader del settore della grande distribuzione in Francia, ha introdotto lo scorso anno un’etichettatura di benessere animale su tutta la propria offerta di pollo fresco allo scopo di aiutare i consumatori a identificare in maniera immediata i prodotti che garantiscono standard migliori, incentivando la trasparenza delle filiere e rispondendo alle richieste dei consumatori.
L’etichetta, che si basa sulla valutazione di più di 200 parametri che coprono tutte le fasi di vita dell’animale, riporta quattro livelli associati a quattro diversi sistemi di allevamento. Recentemente, Casino ha inoltre istituito un’associazione per la condivisione del sistema di etichettatura con altre realtà del settore in Francia e in Europa, nella speranza che sempre più aziende decidano di aderire al progetto. Scopri di più sull'iniziativa qui.